Venanzio Gibillini (Milano, 1924-2019)
A cura di ANED
“Mi chiamo Gibillini Venanzio. Sono sopravvissuto nei campi di Flossenbürg, Köttern e Dachau”. Instancabile, iniziava sempre così Venanzio le sue infinite testimonianze nelle scuole e negli incontri pubblici. Classe 1924 va a militare in agosto 1943, dopo l’8 settembre torna a casa e – rifiutando di arruolarsi nelle milizie della Repubblica Sociale, e quindi considerato disertore, passibile di fucilazione – trova egualmente lavoro al Deposito Locomotive delle Ferrovie di Milano Greco. Lì i ferrovieri compiono sabotaggi e la situazione al Deposito diventa pericolosa per molti. Infatti, Venanzio viene arrestato a Milano dai fascisti il 4 luglio 1944, all’età di 19 anni, con l’accusa di sabotaggio. Altri tre ferrovieri vengono fucilati a Greco per rappresaglia davanti alle maestranze.
Da San Vittore inizia il viaggio di dieci mesi nel sistema concentrazionario nazista (Bolzano, Flossenbürg e Dachau- Köttern). L’esperienza di Venanzio è quella, tragica, di centinaia di migliaia di deportati nei lager del lavoro-schiavo nazista, destinati al lento e programmato sterminio tramite il lavoro – fatto di privazioni, umiliazioni, sevizie, denutrizione, malattie, esecuzioni, sadismi, fatica fino allo sfinimento, morte – in un processo di annullamento delle persone ridotte a “pezzi” di un lager ( = “magazzino”, appunto). Da Flossenbürg finisce nel campo di Köttern (un sottocampo di Dachau), dal quale esce per andare a lavorare in una fabbrica di aeroplani, che sarà poi bombardata e resa inagibile. Lì riesce – a suo grave rischio – a fabbricarsi il cucchiaio che faceva vedere sempre e su cui incise la nostalgia di casa: “mamma” e “Milano”.
La mattina del 25 aprile 1945, i prigionieri rimasti nel lager vengono incolonnati e, sotto una pioggia battente, iniziano una delle tante “marce della morte”, organizzate dai nazisti sul finire della guerra, per trasferire gli internati dai campi ormai minacciati dai sovietici e dagli angloamericani, e distruggere così le prove delle atrocità commesse. Il viaggio che partì da Köttern durò due giorni e due notti, quando le SS che sorvegliavano i prigionieri fuggirono, abbandonandoli. Incominciava il ritorno a casa.
Nelle testimonianze di Venanzio Gibillini [https://www.youtube.com/watch?v=oYCiJwORNMc&t=143s – http://www.lageredeportazione.org/testimonianze/pagina95.html%C2%A0%C2%A0] c’è tutto quello che ha vissuto, tutta la morte che ha visto. Detta con semplicità e forza disarmante.
Poco dopo la liberazione Venanzio scrisse le proprie memorie che sono diventate un libro digitale, recentemente pubblicato anche in tedesco a cura del Comitato di Flossenbürg. Il libro è scaricabile gratuitamente: “Warum gefangen? (Perché deportato?)” dal link: [http://www.deportati.it/?s=warum+gefangen].
Nel 2017 il Comune di Milano gli aveva conferito l’Ambrogino d’Oro, la massima onorificenza cittadina.
Venanzio Gibillini si è spento a Milano il 16 gennaio 2019 a 94 anni.