Milano capitale della Resistenza

Roberto Cenati

Sulla facciata di Palazzo Marino una targa ricorda la motivazione della Medaglia d’Oro alla città di Milano, collegando le epiche Cinque Giornate di Milano, le congiure mazziniane e le battaglie del primo Risorgimento, con quelle del Secondo Risorgimento, termine con cui la Resistenza viene definita.

Primo antifascismo e stampa clandestina

Anche nei momenti più bui della repressione fascista, Milano seppe resistere. Il 12 luglio 1923 Mussolini fece approvare dal Consiglio dei ministri un decreto contro la libertà di stampa. La reazione della stampa di opposizione fu pronta, ampia ed energica. Il 16 agosto 1923 prese a stamparsi a Milano, sotto la direzione di Palmiro Togliatti, il settimanale Stato operaio. Sempre a Milano, dal 15 aprile al 30 novembre 1923, si pubblicò quindicinalmente a cura di Teresa Noce, La Voce della Gioventù, un foglio giovanile di orientamento comunista, che però non si presentava apertamente come tale. Per stroncare la vigorosa campagna antifascista scatenata dal delitto Matteotti, Mussolini nella seduta dell’8 luglio 1924 fece deliberare l’applicazione piena e immediata del decreto sulla stampa del 1923. Il 31 dicembre 1924 i giornali di opposizione furono sequestrarti in tutta Italia. Dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, alla riapertura della Camera, venne fatta cessare di colpo la libertà di stampa. A contrastare la fascistizzazione generale dello Stato rimanevano solo le pubblicazioni dei grandi partiti di opposizione: l’Unità, l’Avanti!, La Voce Repubblicana, Il Mondo (la Giustizia, organo riformista milanese era già stato soppresso il 5 novembre). A Milano, più che altrove, i fascisti diedero la caccia ai giornalisti avversari. Tra gli altri vennero aggrediti e gravemente feriti il caricaturista dell‘Avanti!, Giuseppe Scalarini, e il direttore de l’Unità Alfonso Leonetti. Alla fine del novembre 1925, i fascisti riuscirono a defenestrare Luigi Albertini dalla direzione del Corriere della Sera, che divenne un foglio di stretta osservanza del regime. Nonostante questo pesantissimo clima, nel 1925 Ernesto Rossi era impegnato nell’organizzare con Riccardo Bauer e con Ferruccio Parri la raccolta delle notizie, l’invio all’estero del materiale da stampare, l’introduzione in Italia dei giornaletti clandestini e la loro distribuzione. Del gruppetto milanese facevano parte anche Carlo Rosselli, Umberto Ceva, Vittorio Albasini Scrosati, Vincenzo Calace.

Il principale punto di collegamento era la casa di Bauer, in piazzale Cadorna, dove la fedelissima Ina Dei Cas, faceva da archivista. Prima dell’arrivo di Ernesto Rossi a Milano, dal luglio 1924 al maggio 1925, Parri, Bauer e alcuni loro amici, avevano fatto uscire un giornale intitolato Il caffè, al quale collaboravano alcuni dei più noti giornalisti antifascisti. Tutti i numeri della rivista a partire dal numero 2 (in totale circa una dozzina) furono oggetto di sequestro da parte delle autorità di polizia. I numeri della rivista vennero distribuiti o per posta, in buste chiuse, o di nascosto.  

Carlo Rosselli fondò a Milano insieme a Pietro Nenni la rivista Quarto Stato, il cui primo numero era uscito il 27 marzo 1926. La rivista avrà vita breve, venendo chiusa a novembre con l’entrata in vigore della legge sui «provvedimenti per la difesa dello Stato»; nell’aprile del 1935 apparve il primo numero di Grigoverde. L’aggressione contro l’Abissinia non era ancora incominciata, ma il giornale la considerava come imminente e nell’editoriale “A chi serve questa guerra?” dimostrava che il conflitto non avrebbe portato alcun beneficio al popolo italiano.

Ruolo di Corrente

Nonostante l’intensificazione della repressione poliziesca accentuatasi nel 1938, quando il governo fascista, che aveva emanato le ignobili leggi antiebraiche sottoscritte dal re Vittorio Emanuele III, si apprestava ad entrare in guerra a fianco della Germania nazista, l’opposizione si allargava, trovando consensi non soltanto nelle fabbriche, ma anche tra intellettuali e studenti. Un gruppo di artisti si raccolse intorno a Vita giovanile, fondata da Ernesto Treccani, una rivista che in seguito si chiamò Corrente di vita giovanile e infine Corrente alla quale aderirono numerosi giovani intellettuali, tra cui Raffaele De Grada, Sergio Solmi, Vittorio Sereni, Giansiro Ferrata, Alfonso Gatto ed Eugenio Curiel che scriveva su Corrente, con lo pseudonimo di Pangloss. 

Primi malumori verso il regime fascista

Milano fu, sin dall’entrata in guerra, città difficile per il regime fascista. Si può quasi subito avvertire, già nel Giugno 1940, una certa freddezza verso la guerra. “A soli due giorni dall’entrata in guerra dell’Italia – si legge nel libro di  Luigi Ganapini Una città, la guerra (Milano 1939-1951) – un allarme aereo aveva dato alla popolazione l’occasione per constatare che i rifugi antiaerei mancavano o erano inadeguati, secondo quanto lamenta un informatore.” La protezione antiaerea è il primo segnale dello sgretolarsi dell’immagine efficiente del regime e del partito”.

Per tutta la seconda metà del 1941 si susseguono nei rapporti di polizia segnalazioni di malumori e di sfiducia. Le donne sono in prima fila nelle proteste sul fronte degli approvvigionamenti. Ai primi di giugno del 1942 molti rapporti parlano di una consistente protesta a Sesto San Giovanni di donne scese in piazza per ottenere la distribuzione delle patate. Solo l’arrivo di cinquanta agenti da Milano avrebbe permesso di sciogliere l’assembramento grazie a getti d’acqua.  Dal dicembre 1942 si cominciano a registrare “manifestazioni di malumore” alla Breda, all’Alfa Romeo, alla Magneti. Queste espressioni di protesta e di ostilità toccano tutti gli aspetti di una condizione di vita che si va facendo insostenibile: i rifornimenti alimentari, i pericoli della guerra, la normativa del lavoro sotto la disciplina militare, la regolarità delle retribuzioni. Sono segni di un’opposizione frammentata e disgregata che comunque indica l’affiorare di una coscienza straordinariamente decisa.

Corpo Volontari Libertà, Clnai, Fronte della Gioventù

Milano viene giustamente definita capitale della Resistenza.

A Milano avevano sede il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di cui fu Presidente e tesoriere Alfredo Pizzoni, e dal giugno 1944 il Comando del Corpo Volontari della Libertà. Nella nostra città sono sorti nel novembre del 1943 i Gruppi di Difesa della Donna. Milano è stata protagonista dei grandi scioperi del marzo-dicembre 1943 e di quello generale del marzo 1944. I lavoratori milanesi, dell’area industriale di Sesto San Giovanni e dei Comuni dell’hinterland, pagarono duramente, con la deportazione, questa straordinaria mobilitazione.

A Milano agiva il Fronte della Gioventù, la più estesa organizzazione dei giovani impegnati nella lotta di Liberazione in Italia, costituita verso la fine del 1943 da Eugenio Curiel, che riunì nel convento di San Carlo al Corso giovani antifascisti di varie appartenenze politiche (Gillo Pontecorvo, Raffaele De Grada, Aldo Tortorella, Quinto Bonazzola) d’accordo con padre Camillo De Piaz e padre Davide Maria Turoldo. Per iniziativa di  Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi il 27 agosto 1943 a Milano, in via Poerio 37,  in casa di Mario e Rita Rollier viene fondato il Movimento federalista europeo.

Verso la Liberazione

A Milano l’inverno del 1944-1945 è certamente uno dei più terribili per il movimento partigiano. Qui, come in altri centri dell’Italia settentrionale, affluiscono nuclei di repubblichini in fuga dalle regioni già raggiunte dalle truppe Alleate. L’eccidio dei 15 Martiri di piazzale Loreto è l’episodio più significativo ed emblematico della ferocia nazifascista. Tra la fine del 1944 e gli inizi del 1945 la situazione cambia profondamente. Alle spietate fucilazioni di rappresaglia dei nazifascisti rispondono nei primi mesi del 1945 attacchi improvvisi e simultanei alle caserme e ai comandi nemici; contro una ventina di essi agiscono, la sera del 6 febbraio del 1945, da due a trecento uomini delle Squadre di Azione patriottica (Sap). Sono azioni che sgomentano e inferociscono repubblichini e tedeschi. E che attirano nelle file partigiane combattenti nuovi  conquistati al disegno di passare dalla difesa delle fabbriche all’attacco su più vasta scala.  

Insurrezione a Milano

“Diversamente dai piani operativi minuziosamente preparati dal Comando piazza di Milano, l’insurrezione nacque spontaneamente – si legge nel saggio di Luigi Borgomaneri su Milano – nella tarda mattinata del 24 aprile 1945, da uno scontro accesosi e poi generalizzatosi nella zona di Niguarda tra garibaldini della 110a e militi fascisti. Quasi contemporaneamente Leo Valiani, Sandro Pertini ed Emilio Sereni diramarono l’ordine dello sciopero insurrezionale a partire dalle 13 del 25 aprile. Nel pomeriggio del 24 aprile, primo caduto dell’insurrezione, morì Gina Galeotti Bianchi, comunista, appartenente ai Gruppi di Difesa della Donna. Alle ore 8 del 25 aprile 1945 il CLNAI, riunitosi presso il collegio dei Salesiani di via Copernico approvò all’unanimità la proclamazione dell’insurrezione ed emanò il decreto di assunzione di tutti i poteri da parte del CLNAI. All’incirca alla stessa ora presso il convento delle Stelline, in Corso di Porta Magenta 79, si riunì il comando generale del Corpo Volontari della Libertà. Tra mezzogiorno e le prime ore del pomeriggio tutte le principali fabbriche milanesi vennero occupate dai sappisti che dovettero respingere puntate nemiche alla Motomeccanica, al deposito ATM di viale Molise, alla CGE e alla OM. Occupate le sedi del “Corriere della Sera” e del “Popolo d’Italia” in piazza Cavour, si utilizzarono gli impianti per stampare le edizioni de l’Unità de L’Avanti e di Italia Libera”.

Fu Leo Valiani a scrivere, nella serata del 25 aprile 1945, l’ordine di insurrezione, affidato per la sua esecuzione alla Guardia di Finanza.

Ruolo della Guardia di Finanza

“Lo mandai – osserva Valiani – al colonnello Alfredo Malgeri tramite il tenente Augusto De Laurentiis, uscito il giorno prima da San Vittore. Il maggiore Egidio Liberti era nella caserma della Guardia di Finanza (Caserma “5 Giornate” con sede in via Melchiorre Gioia) nell’ufficio di Malgeri. Insieme elaborarono il piano insurrezionale operativo e lo eseguirono brillantemente all’alba.” Il reggimento della Guardia di Finanza uscì dalla Caserma 5 Giornate alle quattro del mattino, fu fatto segno a raffiche di mitra da elementi della X Mas all’incrocio tra via Parini e corso Porta Nuova e sostenne altri brevi scontri a fuoco con pattuglie delle Brigate nere. Mentre gli altri battaglioni isolavano il palazzo del Governo di Corso Monforte, il IV con il colonnello Malgeri si raccolse in piazza Tricolore ed il tenente De Laurentiis fu inviato a intimare la resa. Gli agenti di P.S. e i sei militari tedeschi che si trovavano nel palazzo si lasciarono disarmare senza difficoltà e alle 6 del 26 aprile l’operazione poteva dirsi conclusa. Furono immediatamente inviati distaccamenti ad occupare il palazzo della Provincia, l’edificio dell’E.I.A.R. in corso Sempione, quello del Comando militare repubblicano e la sede comunale di Palazzo Marino, nella quale fu arrestato il podestà Colombo.       

Il colonnello Alfredo Malgeri, così racconta nelle sue memorie: “Verso le 8 do l’annunzio alla città dell’avvenuta liberazione, facendo suonare per tre minuti le sirene del posto centrale di avvistamento aerei”. Poco dopo il colonnello Alfredo Malgeri ricevette il nuovo prefetto Riccardo Lombardi e poi il commissario governativo Leo Valiani. Milano, quindi, si libera addirittura prima dell’arrivo dei partigiani della Divisione Garibaldi Gramsci dell’Oltrepò pavese, nel pomeriggio del 27 aprile 1945.

Antonio Greppi nel suo primo, breve discorso da Sindaco della Milano liberata, così dichiarò: “Ora noi lavoreremo insieme e certo avremo una sola volontà e un solo cuore. Il nostro compito non è facile, ma Milano ci aiuterà. E noi la vedremo risorgere giorno per giorno dalle sue rovine. Ragazzi all’opera! E da allora, per oltre sei anni, sempre dissi ragazzi ai miei collaboratori. Un vocativo fraterno e stimolante, venuto fuori ad esprimere il senso di rinascita, puro e irresistibile, di quelle giornate.” Così risorgeva Milano dalle macerie del nazifascismo.

 

Testi consultati:

  • A.Dal Pont, A.Leonetti, M. Massara, Giornali fuori legge – la stampa clandestina antifascista 1922-1943 – ANPPIA – Roma, 1964;
  • A.Malgeri, L’occupazione di Milano e la Liberazione, Comune di Milano, 1983;
  • P.Meccariello, In nome dello Stato – le forze militari di polizia in Italia, Ente editoriale per il Corpo della Guardia di Finanza, Comitato di Studi Storici, Roma, 2005; 
  • L.Borgomaneri, Milano, L’insurrezione e la liberazione della città, Dizionario della Resistenza, Einaudi, Torino, 2000
  • L.Ganapini, Una città, la guerra (Milano 1939-1951), Angeli, Milano, 1988;

Milano capitale della Resistenza

Milano viene giustamente definita capitale della Resistenza.
A Milano avevano sede il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di cui fu Presidente e tesoriere Alfredo Pizzoni, e dal giugno 1944 il Comando del Corpo Volontari della Libertà.

Roberto Cenati

La mostra ritrovata

Il ritrovamento quasi fortuito degli 80 pannelli della mostra di Bordeaux ha permesso di aggiungere un importante tassello agli studi sull'autorappresentazione del movimento partigiano immediatamente dopo la guerra.

Adolfo Mignemi

Disegni, artisti, resistenze

I ventidue disegni che vengono presentati nell’esposizione che celebra i 75 anni della Liberazione provengono dal fondo costituito da Mario De Micheli e dedicato al tema della Resistenza.

Francesca Pensa

La libertà negli occhi e il coraggio della pittura

Disegni di artisti resistenti raccolti da Mario De Micheli

Giorgio Seveso

Christian Schiefer, un fotografo a Piazzale Loreto

Le immagini di Christian Schiefer, fotografo svizzero presente a Piazzale Loreto il 29 aprile 1945, giorno in cui il cadavere di Mussolini venne riportato a Milano.

Giovanni Scirocco

Memoriali, musei e monumenti dello studio di architettura e urbanistica BBPR

Architettura, Antifascismo, Resistenza, Deportazione, Liberazione, Memoria

A cura di ANED

Piazzale Loreto, 10 agosto 1944

Quella di piazzale Loreto (la “prima” piazzale Loreto, la strage nazifascista di 15 partigiani) è una vicenda complessa, in cui si intrecciano quasi inesorabilmente storia, politica, memoria, narrazione

Giovanni Scirocco

Giuseppe Scalarini: l’Italia fascista è un carcere

Un viaggio intorno a una vignetta di Giuseppe Scalarini, disegnata dal più grande artista italiano della satira e della caricatura in una data imprecisata dopo la Liberazione.

Maurizio Guerri

Aldo Carpi, Passa la zuppa al Revier Gusen I, 1959

Il disegno di Aldo Carpi "Passa la zuppa al Revier Gusen I" fu donata dall’autore all’amico storico e critico dell’arte Mario De Micheli, docente al Politecnico di Milano. L’immagine rimanda all’esperienza di deportazione del pittore milanese nel lager di Mauthausen e nel sottocampo di Gusen I

Maurizio Guerri

Venanzio Gibillini (Milano, 1924-2019)

“Mi chiamo Gibillini Venanzio. Sono sopravvissuto nei campi di Flossenbürg, Köttern e Dachau”. Instancabile, iniziava sempre così Venanzio le sue infinite testimonianze nelle scuole e negli incontri pubblici.

A cura di ANED